I controlli e i sequestri effettuati in Italia, in particolare nella Capitale, inducono a datare, intorno alla metà dell’anno 2017, l’inizio di una forte presenza della Yaba nel territorio italiano, frutto più che altro di provenienza estera anziché di lavorazione nello stesso Belpaese. Da quel momento, la diffusione, il consumo e i sequestri sono in continuo aumento, tanto da esser considerata lo stupefacente preferito da giovani e giovanissimi.
La metanfetamina è il principio attivo di questa sostanza che si presenta sotto forma di pasticche rosse (a volte anche arancioni e verdi), dal sapore dolce e piacevole ma possiede una potenzialità devastante sulla psiche e sul cervello di chi la usa, inducendo persino a gesti estremi (è detta, infatti, anche “droga della pazzia”). Provoca un effetto di provvisoria euforia, favorendo l’incremento di dopamina ma lascia un fortissimo senso di astinenza durante il quale, se il consumatore non interviene a soddisfarne le esigenze, è soggetto a depressione, ansia, aggressività e irascibilità, sino al suicidio.
Il Bangladesh è uno dei Paesi più convolti nella produzione e nel commercio della Yaba, tanto che il governo, lo scorso mese di febbraio, dopo i 53 milioni di pasticche sequestrate, ha deciso di adottare contromisure molto severe, con arresti e repressioni, fino a eliminare molti degli stessi trafficanti. La Yaba, chiamata anche “droga dei kamikaze”, è molto conosciuta in Thailandia (a volte con il nome di Shaboo).
La diffusione della metanfetamina raggiunse il culmine nella Germania del Terzo Reich; il suo consumo divenne capillare, investì tanto la popolazione quanto i soldati al fronte e lo stesso Hitler. Per alcuni studiosi, quasi tutti i massimi gerarchi nazisti facevano largo uso di questa anfetamina e, l’ostinazione al mito di una veloce conclusione dei conflitti (la cosiddetta “guerra lampo”), sarebbe dovuta proprio all’effetto dirompente scatenato dalla Yaba. Il Pervitin, metanfetamina diffusissima in Germania, era diventata quasi “la droga del popolo” ed era vista con più benevolenza rispetto a cocaina e marijuana (poiché queste erano di provenienza straniera).
Il consumo delle droghe, tuttavia, nelle guerre è stato sempre presente. Sin dall’antichità, sono stati usati, funghi, oppio, coca e morfina, sia per esaltare l’entusiasmo delle truppe sia per lenire il dolore delle ferite occorse. Un altro aspetto legato alle droghe è quello di innestare, nel soldato consumatore, una sensazione divina e ultraterrena (in grado, quindi, di giustificare ancor più la motivazione sacra del conflitto intrapreso, di giustificarlo e di sentirsi delle semidivinità al servizio del genere umano). La storia delle guerre, quindi, sembra non poter prescindere da una parallela analisi sulle droghe utilizzate.
Tra le nuove armi più distruttive, progettate da ingegneri militari impegnati in tal senso, occorre considerare anche la strategia sulla droga da scegliere per le truppe, sia per il dosaggio sia per la riduzione degli effetti collaterali e delle pazzie incontrollabili (in questo rientra il mai del tutto compreso “fuoco amico”).
E’ importante ricordare come i giovani, poco attratti dai ricorsi storici (e indifferenti a comprendere le conseguenze già sperimentate), siano attratti da due ulteriori elementi propri della Yaba: uno è quello di poter resistere per molte ore al sonno, dando la possibilità di divertirsi senza freno, fino all’agognata dimostrazione (specie da parte dei maschi), certificata, di apparire come una sorta di supereroe agli occhi dei coetanei così colpiti da tanta potenza. Altro elemento è quello nell’effetto di diminuire quasi del tutto il senso della fame, per diverso tempo, al punto di scatenare pericolose suggestioni, soprattutto in ambito femminile, come medicinale portentoso per dimagrire senza sforzo.
Alla luce degli ingenti sequestri non è partito un adeguato “allarme droga” nella comunicazione, nell’informazione e nella società; non si approfondiscono del tutto, infatti, la storia, la natura e la portata del prodotto, i suoi effetti e la sua agevole disponibilità.