L’Italia è storicamente un Paese legato – se non addirittura imprigionato – alle proprie tradizioni e il calcio non fa eccezione, anzi forse estremizza questa attitudine. Per questo è difficile ritrovare nei loghi delle squadre italiane una sconnessione totale fra vecchie e nuove versioni: resta sempre un ancoraggio al passato che restituisca al tifoso quell’idea di storicità e senso di appartenenza che il logo è capace di rievocare. Il caso più emblematico è inevitabilmente quello della Juventus, che nel 2017 ha iniziato il rebranding a partire da un logo rivoluzionario – realizzato in collaborazione con Interbrand, azienda leader nella brand consultancy – non solo a livello italiano: nessuna big aveva (ed ha) mai azzardato così tanto in questo senso.
Altre squadre hanno cambiato silenziosamente, riuscendo comunque a presentarsi sotto nuove vesti; i due casi più significativi sono quelli di Cagliari e Brescia. Al Cagliari il rebranding del 2015 è riuscito molto bene: semplicità compositiva, forma sportiva e colori sociali a protezione dei Quattro Mori, che in un logo molto più asciutto acquistano ancor più centralità. “È un omaggio sincero al legame della regione con la sua maggiore espressione calcistica. Siamo stati attenti alla storia, ma proiettati al futuro” ha detto il responsabile marketing Mario Passetti. Il Brescia nel 2017 ha osato, con un logo piatto e stilizzato che del vecchio ha solo la forma: l’acronimo BSFC (Brescia Football Club) ha preso il posto della scritta “Brescia Calcio”, la vecchia leonessa è stata sostituita da una testa di leonessa stilizzata decisamente più moderna, mentre i colori sono stati ancora una volta opacizzati. Il presidente Cellino reputava il vecchio logo troppo statico e un po’ antiquato, quello attuale ha le caratteristiche di un logo moderno, per certi versi addirittura vicino a quello delle università americane.