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Riva del Garda: Omicidio di Maria Skvor, 91 anni – Sette colpi alla testa

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Gli esiti preliminari dell’autopsia sul corpo di Maria Skvor, la 91enne trovata senza vita nel suo appartamento a Riva del Garda, rivelano una violenta aggressione. L’esame autoptico indica che la donna è stata colpita sette volte alla testa con un oggetto contundente, presumibilmente una lampada rinvenuta sul luogo del delitto. Inoltre, sul corpo sono stati riscontrati segni compatibili con un’arma da taglio, e si sospetta un tentativo di soffocamento con un cuscino. I risultati definitivi dell’autopsia saranno disponibili tra alcune settimane.
La figlia della vittima, Francesca Rozza, 61 anni, ha confessato l’omicidio, chiamando il 112 e dichiarando di aver ucciso la madre. La donna si trova ora nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Arco, in seguito alla decisione del GIP di Rovereto di sostituire la custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari e il ricovero in psichiatria.
L’autopsia, eseguita dalla dottoressa Federica Bortolotti, ha evidenziato i traumi cranici causati dai colpi e le ferite da taglio, una delle quali profonda circa due centimetri. L’anatomopatologo ha inoltre ipotizzato un tentativo di soffocamento con un cuscino, elemento che necessita di ulteriori verifiche. Sembra accertato che la Rozza abbia anche aperto il gas nell’appartamento.
Parallelamente alle indagini sulle cause della morte, due psichiatri sono stati incaricati di valutare la capacità di Francesca Rozza di intendere e di volere e la sua idoneità a partecipare al processo. Il GIP ha affidato l’incarico peritale al dottor Eraldo Mancioppi, che si è già insediato e incontrerà presto la Rozza. L’avvocato della donna, Nicola Canestrini, ha spiegato che la sua assistita non ha partecipato alle udienze a causa del suo stato confusionale.
Il dottor Mancioppi avrà 90 giorni per stabilire se la Rozza è in grado di seguire il processo, se è totalmente o parzialmente inferma di mente al momento del fatto, e, in caso di infermità, la sua pericolosità sociale. La Procura non ha nominato un consulente, mentre la difesa ha designato la dottoressa Anna Palleschi, psichiatra specializzata in “caregiver burnout”, una condizione di esaurimento che colpisce chi assiste familiari bisognosi di cure costanti, come nel caso di Francesca Rozza con la madre Maria.

Le Tre Storie Capitali

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