Ieri è stato ascoltato Luca Palamara. A deciderlo è stata la stessa assemblea, formata dai magistrati iscritti all’Anm – l’Associazione Nazionale Magistrati -, dopo il ricorso esposto da Luca Palamara contro la sua espulsione dal sindaco delle toghe, di cui è stato presidente, per gravi violazioni al codice etico.
“Chiedo di essere giudicato serenamente” ha detto Luca Palamara davanti all’assemblea dei magistrati, precisando subito di non aver mai venduto la sua posizione “nè a Lotti, nè a Centofanti nè a nessuno“, ribadendo la normalità del confronto con la politica sulle nomine magistrali e svelando alcuni retroscena sulla magistratura di sinistra intenzionata a colpire la Lega di Salvini, già accusata tra l’altro di essere ‘ladrona‘ a suon di inchieste a orologeria – che altro non erano che un’operazione di disturbo in vista delle elezioni regionali -.
Luca Palamara sa bene cos’è e come funziona la giustizia ad orologeria, assistento in cabina di regia alle campagne elettorali degli ultimi anni. Oggi invece si trova dalla parte opposta della mano che impugna il manico del coltello, diventanto un bersaglio delle toghe più politicizzate dopo le intercettazioni che hanno esposto le zone grigie del rapporto tra magistratura e politica alla luce del sole.
“Anche io sto provando l’esperienza di chi si aspetta di avere un giudizio imparziale e si accorge, invece, di essere solamente in balia di un plotone di esecuzione. Alla faccia dei tempi ragionevoli del processo: mi hanno fissato dodici udienze in quindici giorni perché vogliono arrivare al verdetto prima che Davigo vada in pensione”, è stato lo sfogo di Palamara, assicurando poi di essere stato travolto nella fiumana ma e che questa non l’ha costretto ad agire immoralmente.