Come di consueto, il Presidente della Repubblica ha pronunciato ieri il suo discorso di fine anno. Poche parole, ma significative.
Ieri sera il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato il tradizionale discorso di fine anno del Capo dello Stato. Ha usato parole precise, sincere, attuali, specifiche, puntuali, che vale la pena rileggere e riascoltare. A reti Rai unificate, Mattarella ha parlato al cuore degli italiani, non alla pancia. Ha comunicato, non fatto propaganda. Il discorso di fine anno del Presidente, come lui stesso ha chiarito, “permette di formulare, certo non un bilancio, ma qualche considerazione sull’anno trascorso”. Eppure, le parole di Mattarella non sono state soltanto una riflessione sul 2018, ma anche una sorta di vademecum per il 2019.
Il Presidente della Repubblica dimostra consapevolezza dei sentimenti degli italiani, delle loro paure e preoccupazioni; dimostra conoscenza della situazione in cui versa il Paese, dei risultati ottenuti e dei traguardi raggiunti nei passati dodici mesi. C’è speranza, nelle parole di Sergio Mattarella. Il Capo dello Stato parla di comunità, sicurezza, lavoro, diritti e doveri, Europa, futuro. Il 2019 sarà un anno cruciale sotto diversi punti di vista, non solo per il Paese ma anche per l’Unione Europea, che vivrà le elezioni forse più incerte della sua storia.
“Molte sono le questioni che dobbiamo risolvere”, ha detto Mattarella. “La mancanza di lavoro che si mantiene a livelli intollerabili. L’alto debito pubblico che penalizza lo Stato e i cittadini e pone una pesante ipoteca sul futuro dei giovani. La capacità competitiva del nostro sistema produttivo che si è ridotta, pur con risultati significativi di imprese e di settori avanzati. Le carenze e il deterioramento di infrastrutture. Le ferite del nostro territorio. Dobbiamo aver fiducia in un cammino positivo. Ma non ci sono ricette miracolistiche. Soltanto il lavoro tenace, coerente, lungimirante produce risultati concreti. Un lavoro approfondito, che richiede competenza e che costa fatica e impegno”.
Mattarella presidente di tutti: “L’esigenza di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita”.
Mattarella ha rivolto il suo discorso di fine anno “dal Quirinale, casa di tutti gli italiani”. Con queste poche e semplici parole, il Presidente esprime già nei primissimi secondi un concetto fondamentale, fondamentale come la Carta che il Capo dello Stato è chiamato a difendere. Il Quirinale, la Presidenza della Repubblica, e per antonomasia la nostra Costituzione, sono il denominatore comune di tutti gli italiani, la loro casa. Al di là del colore politico, del lavoro, delle idee, del reddito, tutti gli italiani possono trovare un porto sicuro, una casa appunto, nella Costituzione. L’unità del Paese deve partire da qui.
Il Capo dello Stato è ben consapevole dell’esigenza “di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita. La vicinanza e l’affetto che avverto sovente, li interpreto come il bisogno di unità, raffigurata da chi rappresenta la Repubblica che è il nostro comune destino”. “Sentirsi ‘comunità’ significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri”, dice il Presidente. “Significa ‘pensarsi’ dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese. Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore”.
Essere uniti non significa essere d’accordo, uguali, omologati. Significa, si, battersi per le proprie idee, ma rifiutando l’odio, il pregiudizio, l’insofferenza, che “creano ostilità e timore”. L’importanza di queste parole, ancora una volta troppo semplici per il peso del messaggio che portano con loro, si può comprendere solo alla luce degli eventi che hanno segnato l’anno passato. Il tema della paura, della sfiducia verso lo straniero, del sospetto nei confronti del diverso, dell’accanimento contro “l’altro”, ha giocato un ruolo subdolo ma importante negli ultimi mesi. L’immigrazione, che anche nel 2018 è stata al centro dell’interesse collettivo non solo degli italiani, e continuerà ad esserlo per diversi anni, tende sempre di più ad essere associata al problema della sicurezza. E sulla sicurezza si sofferma Mattarella lungimirante, lui che sa leggere nelle menti degli italiani.
Mattarella che sa, ma corregge: “La sicurezza è condizione di un’esistenza serena”.
Anticipa subito le obiezioni, il Presidente Mattarella: “So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un’altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza. Certo, la sicurezza è condizione di un’esistenza serena. Ma la sicurezza parte da qui: da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune”. La sicurezza è un tema di cui tutti, ultimamente, si sono riempiti la bocca. Alcune forze politiche hanno accostato la sicurezza all’immigrazione, quasi come se queste due parole fossero opposte e contrarie, riconducibili ad una medesima soluzione.
Ma il Capo dello Stato non sembra essere di questo avviso. “La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza. Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l’un l’altro”.
Nello specifico, Mattarella e l’attualità: lo sport, il Terzo settore, le elezioni europee
Diverse notizie hanno incendiato le pagine dei giornali nelle ultime settimane: Mattarella lo sa, e ha detto la sua.
“Non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società. Sono i valori coltivati da chi svolge seriamente, giorno per giorno, il proprio dovere; quelli di chi si impegna volontariamente per aiutare gli altri in difficoltà. Il nostro è un Paese ricco di solidarietà. Spesso la società civile è arrivata, con più efficacia e con più calore umano, in luoghi remoti non raggiunti dalle pubbliche istituzioni”.
“È l’‘Italia che ricuce’ e che dà fiducia. Così come fanno le realtà del Terzo Settore, del No profit che rappresentano una rete preziosa di solidarietà. Si tratta di realtà che hanno ben chiara la pari dignità di ogni persona e che meritano maggiore sostegno da parte delle istituzioni, anche perché, sovente, suppliscono a lacune o a ritardi dello Stato negli interventi in aiuto dei più deboli, degli emarginati, di anziani soli, di famiglie in difficoltà, di senzatetto. Anche per questo vanno evitate ‘tasse sulla bontà’. È l’immagine dell’Italia positiva, che deve prevalere.”
Palese il riferimento alla Legge di Bilancio, promulgata il giorno prima dallo stesso Presidente. La manovra contiene infatti un aumento delle tasse per il Terzo Settore, quello delle realtà No profit. Il provvedimento è stato ampiamente criticato, tanto che il vicepremier Luigi Di Maio ha già detto che “quella norma va cambiata nel primo provvedimento utile. Si volevano punire coloro che fanno finto volontariato e ne è venuta fuori una norma che punisce coloro che hanno sempre aiutato i più deboli”.
Un secondo riferimento alla più recente cronaca è al mondo sportivo.
“È l’immagine dell’Italia positiva, che deve prevalere. Il modello di vita dell’Italia non può essere – e non sarà mai – quello degli ultras violenti degli stadi di calcio, estremisti travestiti da tifosi. Alimentano focolai di odio settario, di discriminazione, di teppismo. Fenomeni che i pubblici poteri e le società di calcio hanno il dovere di contrastare e debellare. Lo sport è un’altra cosa”.
Terzo, ma non per importanza, tema caldo toccato nel discorso di fine anno è quello delle imminenti elezioni europee. E il Presidente ricorda Antonio Megalizzi.
“La dimensione europea è quella in cui l’Italia ha scelto di investire e di giocare il proprio futuro; e al suo interno dobbiamo essere voce autorevole. Vorrei rinnovare un pensiero di grande solidarietà ai familiari di Antonio Megalizzi, vittima di un vile attentato terroristico insieme ad altri cittadini europei. Come molti giovani si impegnava per un’Europa con meno confini e più giustizia. Comprendeva che le difficoltà possono essere superate rilanciando il progetto dell’Europa dei diritti, dei cittadini e dei popoli, della convivenza, della lotta all’odio, della pace. Quest’anno saremo chiamati a rinnovare il Parlamento europeo, la istituzione che rappresenta nell’Unione i popoli europei, a quarant’anni dalla sua prima elezione diretta. È uno dei più grandi esercizi democratici al mondo: più di 400 milioni di cittadini europei si recheranno alle urne. Mi auguro che la campagna elettorale si svolga con serenità e sia l’occasione di un serio confronto sul futuro dell’Europa”.
Mattarella angelo custode, un esempio per i cittadini che tutti noi dovremmo essere nel 2019.
Gli ultimi dodici mesi di Mattarella non sono stati facili. Dopo il 4 marzo, il Presidente è diventato arbitro saggio e imparziale della lotteria politica, dei meccanismi di palazzo, giocando un ruolo fondamentale nell’impasse istituzionale risoltosi con la formazione dell’attuale governo. Mattarella è stato accusato di non rispettare la Carta che è chiamato a difendere, quando si è opposto al nome di Savona al Ministero dell’Economia. Una presa di posizione, probabilmente difficile da adottare, che però era necessaria per mantenere una credibilità istituzionale in un contesto europeo. Ha ricevuto minacce, infondate e forse per pura propaganda, di impeachment. Qualcuno ha detto che al Capo dello Stato andrebbero ridotti i poteri, perché ne ha troppi, ma Mattarella non si è mai fatto scoraggiare e, nei limiti imposti dalla carica che ricopre, è sempre stato “l’angelo custode” (come l’ha recentemente definito Luigi Di Maio) della nostra democrazia fondata sulla Costituzione.
Mattarella è stato angelo custode, è stato deus ex machina, e con il suo discorso di fine anno è stato un modello, ed è per questo che tutti noi dovremmo imprimere le sue parole e tenerle bene a mente nel 2019. Nel marasma dei messaggi social che colpiscono direttamente la pancia degli italiani, da cui spesso è difficile difendersi se non se ne hanno i mezzi, Mattarella ha parlato al cuore e alle menti. Nel mare in tempesta delle informazioni, alcune forse fake ma forse no (come distinguere?), e degli accanimenti contro categorie colpevoli, o presunte tali (innegabile la necessità di presentare dei capri espiatori), il Presidente della Repubblica, in diretta dall’unica e assoluta Casa degli Italiani, ha lanciato un messaggio di apertura, fiducia, speranza. E, ancora più importante, ha detto chiaramente che apertura, fiducia e speranza sono il punto di partenza per costruire una comunità, per garantire la vera sicurezza e per risolvere i problemi, innegabili, del Paese. Che queste parole possano quindi essere punto di partenza anche dell’anno appena iniziato. “Auguri a tutti gli italiani, in patria o all’estero. Auguro buon anno ai cinque milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese”. “A tutti voi auguri di buon anno”.
Di A.C.