Le scarcerazioni “eccellenti” per dieci “fedelissimi” di Matteo Messina Denaro sono un duro colpo alla lotta alla mafia e alla legalità che vanifica il duro lavoro di anni da parte di inquirenti, magistrati e personale penitenziario. Così Aldo Di Giacomo, segretario generale S.PP., sottolineando che se qualcuno riteneva che l’arresto di Messina Denaro avrebbe concluso la battaglia dello Stato “vittorioso” contro la più agguerrita criminalità organizzata, ancora una volta, deve ricredersi. Con il ricorso, in verità non nuovo, alla scadenza dei termini di custodia cautelare, e potendo disporre di una difesa che i detenuti “poveri Cristi” non possono permettersi, uomini del clan mafioso tornano sui territori. È da cogliere inoltre la continua evoluzione delle organizzazioni mafiose e – aggiunge – con essa la capacità di ricambio e rinnovamento dei livelli di comando che impongono di riaccendere impegno ed attenzione non solo fuori dal carcere ma anche all’interno. Come sindacato di polizia penitenziaria – dice Di Giacomo – non da oggi mettiamo in guardia sui segnali che si colgono nei penitenziari, specie quelli con sezioni 41 bis, dove mafiosi, ndranghetisti, camorristi continuano ad esercitare ruoli di comando. Le inchieste della magistratura che si sono susseguite dall’inizio dell’anno hanno confermato questa situazione pericolosa con la diffusione di telefonini anche di nuova generazione tecnologica e persino lo svolgimento di summit telefonici tra uomini dei clan in cella e fuori. È perciò necessario – conclude – intensificare ogni attività di contrasto innanzitutto per ridare ai cittadini serenità e garantire il pieno rispetto della legalità. Il personale penitenziario, come sempre, fa la sua parte di servitore dello Stato. Anche gli altri organi dello Stato devono fare altrettanto.