La proposta prevede una modifica della legge elettorale, e nello specifico l’abrogazione della sua parte proporzionale in favore di un sistema completamente maggioritario.
Il modello sarebbe quello inglese, che in gergo si chiama il First-past-the-post. Chi prende più voti, anche solo uno in più, vince. È il sistema maggioritario, lo stesso che acclamano a gran voce i partiti di destra del nostro paese. Se i temi di questi giorni della sinistra sono ius culturae, ius soli e voto ai sedicenni, la destra compatta fa un passo avanti nella lotta all’attuale sistema elettorale, che attualmente contiene elementi proporzionali. Una delegazione leghista guidata dal vicepresidente del Senato Roberto Calderoli ha depositato in Cassazione il quesito per proporre un referendum sulla legge elettorale, per abrogare – cioè eliminare – la parte proporzionale del Rosatellum. Proprio come nel voto inglese, la mozione vorrebbe che anche l’Italia si dividesse in collegi uninominali dove il candidato vincente sarà quello che avrà battuto gli avversari anche di una sola scheda. A livello nazionale significa, in soldoni, che il partito che vince governa. Chi prende più voti ottiene la maggioranza dei seggi in parlamento e forma il governo. “Se tutto va bene, il 10 febbraio la Corte Costituzionale delibera e dà il via libera” dice Calderoli al Corriere della Sera. ‘Popolarellum’ sarà il nome della legge, in onore di chi deciderà: “il popolo”.
I referendum popolari nella Repubblica italiana sono regolati dall’articolo 75 della Costituzione, che vuole che “per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali”. La Lega è riuscita a raccogliere il parere favorevole di ben otto Consigli regionali (Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna Piemonte, Abruzzo, Basilicata e Liguria), e ha potuto quindi depositare il quesito in Cassazione. Se il testo depositato supererà il vaglio della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale, si potrebbe il votare già nella primavera del 2020. Un iter che è iniziato il 14 settembre, quando il Capitano della Lega ha lanciato l’idea del voto popolare durante l’assemblea degli amministratori locali della Lega e del centrodestra a Milano. La narrativa ha seguito un filo, come sempre, logico: il governo giallorosso non è un governo eletto, bensì frutto di giochi di palazzo architettati per impedire che gli italiani tornassero al voto; un simile scenario con il sistema maggioritario non si verificherebbe, dunque bisogna spingere su quello. A questa retorica si accoda subito dopo anche Giorgia Meloni: il proporzionale fa sì che i governi vegano decisi “con giochi di palazzo all’interno del palazzo e a me questa cosa fa schifo”.
La leader di FdI non ha tutti i torti. Il sistema proporzionale assegna ad ogni partito un numero di seggi proporzionato al risultato ottenuto alle elezioni, perciò è difficile che un solo partito ottenga la piena maggioranza in Parlamento. Perciò per dare il via a un governo bisogna formare coalizioni, o “contratti”. Con il sistema maggioritario, il partito che ottiene più consensi ottiene anche la maggioranza alle Camere. Attualmente la legge elettorale in vigore è il Rosatellum, dal suo ideatore Ettore Rosato, approvata nel 2017 da una maggioranza composta da PD, Forza Italia, Lega Nord e altri. Fece il suo esordio alle elezioni politiche del 4 marzo 2018. La legge delinea un sistema elettorale misto: il 37% dei seggi parlamentari viene assegnato con il maggioritario, mentre il 61% viene spartito in base al proporzionale. Il restante 2% è riservato proporzionalmente agli italiani residenti all’estero.
Quesito ammissibile? C’è già chi vaticina.
Il sistema maggioritario ha il vantaggio di consegnare il paese alla governabilità, e non a situazioni di stallo a cui troppo spesso abbiamo assistito, noi italiani, dopo un turno elettorale. È anche una soluzione, però, che si addice ai cosiddetti sistemi bipolari, con due grandi partiti che si spartiscono l’elettorato (n Inghilterra, i Conservatori e i Laburisti). Andrea Mazziotti, già presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera e membro della Direzione di +Europa, non critica la sostanza dell’azione leghista, ma la forma. “Nessuno più di me è a favore del maggioritario. Ma il quesito ideato da Calderoli è solo una presa in giro e non può essere ammesso dalla Corte Costituzionale. In materia elettorale la Consulta ha affermato ripetutamente che il referendum abrogativo è ammissibile solo se la legge elettorale che ne deriva è immediatamente e pienamente operativa, senza necessità di interventi normativi. Il referendum leghista non soddisfa i requisiti stabiliti dalla Corte. Se vincesse il ‘si’, dal “ritaglio” referendario uscirebbe una legge maggioritaria, ma priva di un elemento essenziale per funzionare: i collegi”.
Arriva subito la risposta di Calderoli. “È incredibile vedere nei lanci di agenzia che alcuni ‘esperti’ si siano già pronunciati sulla inammissibilità sul quesito referendario abrogativo della quota proporzionale della legge elettorale, il tutto senza neppure averlo letto, dato che lo abbiamo depositato questa mattina intorno alle 13”. E conclude: “La paura di perdere il seggio fa veramente novanta!” Calderoli perciò non teme rifiuti della Corte Costituzionale, e annuncia già il prossimo passo: “Si creerà un fronte popolare per raccolta firme per elezione diretta del capo dello Stato”.
Voci perplesse arrivavano anche da Forza Italia, che però ha deciso di sostenere la causa maggioritaria: “Forza Italia – spiega la capogruppo alla Camera Mariastella Gelmini – ha una sua posizione distinta sulla legge elettorale e mantiene i dubbi sulla costituzionalità e sulla governabilità di questo referendum. Ma per non spaccare il centrodestra abbiamo convenuto di dare il nostro via libera a accordo in base al quale avremmo dato il nostro via libera al quesito presentando però, contestualmente, nei consigli regionali interessati anche un ordine del giorno che riassuma la nostra linea, che è a favore di una legge elettorale nazionale che conservi una quota di proporzionale. In Parlamento presenteremo la nostra proposta”. Strenua opposizione giunge invece dalle fila di Potere al Popolo, che lanciano già la petizione online per dire “No al maggioritario, no a Salvini, sì al proporzionale”.
Di A.C.