Quindici tunisini irregolari dovevano essere rimpatriati con un aereo della compagnia maltese Air Horizont. Per un guasto al motore sono rimasti a terra.
Sette cittadini tunisini irregolari sono partiti una sera da Torino, diretti all’aeroporto di Fiumicino, dove ad attenderli c’era un aereo della compagnia maltese Air Horizont che li avrebbe rimpatriati a Tunisi. Tuttavia, l’aereo non è riuscito a partire per via di un guasto al motore, e così i sette immigrati sono rimasti a terra. Insieme a loro, dovevano partire altri otto tunisini provenienti da altre città italiane, anche loro lasciati liberi. In compenso, la Questura ha emesso nei confronti di tutti loro un ordine di lasciare l’Italia entro sette giorni. L’episodio ha messo in imbarazzo il Viminale, che segue una linea intransigente sull’immigrazione irregolare. Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha già richiesto spiegazioni sull’accaduto. Il Viminale ha anche chiarito che i tunisini non sono stati riportati nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) da dove erano partiti, perché i loro posti erano già stati occupati.
L’odissea dei sette è cominciata a Torino, dove erano ospitati in un Cpr. Un pomeriggio, 18 poliziotti il hanno prelevati dal Cpr di corso Brunelleschi, e verso sera si sono messi in viaggio per l’aeroporto di Fiumicino, su un pullman della polizia. Il viaggio è durato dieci ore, e giunti a destinazione i sette sono stati raggiunti da altri otto immigrati, provenienti da altre città d’Italia, a loro volta scortati dai poliziotti. In tutto, quindi, all’aeroporto di Fiumicino c’erano 15 immigrati irregolari di origini tunisine e un centinaio di poliziotti. Intorno alle 9 del mattino, si scopre che l’aereo charter non può partire per via di un guasto al motore. Così gli oltre cento uomini, tra poliziotti e stranieri, attendono cinque ore prima di sapere come muoversi. Alla fine, ai 15 tunisini è stato consegnato un ordine emesso dalla Questura di lasciare l’Italia entro sette giorni autonomamente, e sono stati rimessi in libertà.
La linea intransigente del Ministro dell’Interno sui rimpatri si scontra con la realtà.
Il Vicepremier, che da sempre ha dettato una linea ferrea in tema di accoglienza, immigrazione e rimpatri, si sta scontrando con le prime difficoltà di attuazione. Il guasto al motore dell’aereo è stato di certo un inconveniente imprevedibile e improbabile, ma spinge sicuramente a porsi delle domande. “Non è la fine del mondo”, ha detto Eugenio Bravo, segretario generale del sindacato italiano dei lavoratori della Polizia di Stato (Siulp). “Purtroppo gli imprevisti non possono essere imputabili a nessuno e tuttavia con il grande impegno della politica che fa l’impossibile per controllare l’immigrazione clandestina, e i salti mortali per siglare accordi bilaterali con i Paesi riluttanti ai rimpatri, assistere a una siffatta débacle dell’espulsione lascia uno scoraggiante retrogusto di improvvisazione e di imbarazzante situazione grottesca”.
“Si sa che nessuno straniero ottempererà all’ordine del questore”, aggiunge il sindacato. “Rilasciarli, per quanto legittimo, fa venir meno lo sforzo e l’impegno dei poliziotti e rende vani i costi sopportati dallo Stato”. Inoltre, il Siulp ha sottolineato che i poliziotti che avrebbero dovuto riaccompagnare i tunisini in patria sono rimasti in servizio per un turno di 20 ore, “senza che fosse previsto il pagamento delle ore di straordinario notturno”. Augusta Montaruli, parlamentare di Fratelli d’Italia, e Maurizio Marrone (Fdi) hanno commentato la vicenda dicendo che “lo Stato italiano rimedia l’ennesima figura meschina davanti all’arroganza dell’immigrazione clandestina e all’inefficacia del sistema di espulsioni, contro cui evidentemente non stanno prevalendo nemmeno le buone intenzioni proclamate dal ministro Salvini”. L’episodio è stato definito un “teatrino di un’inutile gita con la scorta di 18 agenti in straordinario da Torino a Roma”. “Quante altre volte le espulsioni sono state trasformate in inutili ordini di allontanamento per ordine delle Questure? Lo chiariremo con un’interrogazione parlamentare”.
Il fallimento del rimpatrio dei quindici irregolari non è l’unica delusione che Matteo Salvini ha ricevuto negli ultimi giorni.
Nonostante i tentativi del Viminale di tener fede alle promesse elettorali di tolleranza zero nei confronti dell’immigrazione irregolare, ci sono diversi elementi che sembrano porsi tra il dire e il fare. Oltre allo sfortunato episodio del guasto al motore dell’aereo maltese, e alla discussa scelta di lasciare liberi i tunisini con in tasca solo un ordine di lasciare il paese, Matteo Salvini ha dovuto fare i conti anche con la poca collaborazione della Tunisia.
Venerdì scorso 184 migranti, la maggior parte di origine tunisina, sono sbarcati a Lampedusa, e Salvini ha spinto perché fossero rimpatriati nel minor tempo possibile. Tuttavia, le procedure di rimpatrio accordate con la Tunisia prevedono un limite di 80 persone rimandate indietro a settimana. I rimpatri avvengono due volte a settimana, con due voli charter. A Vienna il Ministro dell’Interno Salvini ha avuto un colloquio informale con il suo omologo tunisino Hichem Fourati, chiedendo che venissero studiate strategie per rimandare immediatamente indietro le quasi 200 persone da poco sbarcate in Italia. Il ministro tunisino, però, ha subito frenato l’entusiasmo di Salvini, chiarendo che non saranno disposti rimpatri straordinari fuori dagli accordi.
Dall’inizio del 2018 sono stati individuati oltre 3500 tunisini giunti irregolarmente in Italia, di cui solo 1600 circa, meno della metà, sono stati rimpatriati. Ieri al Viminale si è tenuto un incontro tra Salvini e il suo omologo tunisino, “per rendere più veloci e numerose le espulsioni: l’accordo fatto dal pd è del tutto insufficiente e stiamo cercando di rimediare”, scrive il ministro. “Tutte le mie energie sono dedicate a riportare un po’ di ordine e sicurezza in più in questo Paese e a non deludere le aspettative degli italiani”.
Di A.C.