#ogginotizie. Gli italiani vogliono conoscere la verità sono stanchi di essere arrotolati nelle menzogne di circostanza.
Un rapimento che nei primi mesi ha suscitato turbamento per la “presunta” cooperante, ma con l’avvicinarsi al dissequestro, su riscatto milionario, molti dubbi hanno fatto spazio alle angosce passate.
L’interrogatorio del 10 maggio dinnanzi al magistrato della Procura di Roma Sergio Colaiocco, titolare dell’inchiesta sul suo rapimento, rivela che Silvia Romano non è stata trattata male ne incatenata ne picchiata ne violentata.
Radiosa al suo rientro, non si evidenza uno stress da rapimento, 18 mesi di terrore per aver convissuto tra terroristi uomini islamici lontana dagli affetti con la paura e la consapevolezza di poter essere uccisa; qual’era la probabilità di sopravvivenza in circostanze così pericolose ed avverse, che non lasciano via d’uscita nemmeno al militare più arguto ed inseguito dai carnefici?
La sua presunta morte è stata certamente la trappola per alzare il prezzo del riscatto, e dopo il video di gennaio scorso nel quale si vedeva Silvia libera, è partita la triangolazione tra l’Aise, i servizi somali e quelli turchi.
Nessun conflitto a fuoco, nessun incontro diretto con gli jihadisti di al-Shabaab, tutto alla luce del sole: Silvia è stata consegnata , libera nella sua gestualità e nelle sue vesti, da alcuni emissari che avrebbero a loro volta fatto da tramite con i rapitori.
Un rapimento il cui unico obbiettivo non era certo un soggiorno, ma lo scopo era senza dubbio l’estorsione che le bande jihadiste chiedo, ed ottengono, per il riscatto dei loro prigionieri.
“Compreremo armi ma non solo, ” è quanto a dichiarato il portavoce di Al Shabaab.
Difficilmente sono arrivati alla cronaca, prigionieri liberati su riscatto con un volto come quello di Silvia: spensierato e leggiadro, non improntato sulla sofferenza palpabile dal volto, dalle occhiaie, dal terrore.
Partire dall’Italia per dispensare le proprie conoscenze, l’esperienza di una 24enne cooperare, tra bambini povertà e guerra, e rimpatriare con un accoglienza da primo ministro e con un orologio modello Tiffany al polso, nutre i dubbi di milioni di cittadini italiani che non hanno i soldi per riaprire le attività, che sono in cassa integrazione, che sono disoccupati, che sono stretti nell’infernale morsa del fisco, che sono delusi dai nostri governanti.