Un inverno caldo che ha portato le api fuori dagli alveari, ma ora con il ritorno del freddo i rischi sono elevati.
Le temperature diurne sopra la media hanno fatto uscire le api dai circa 40 mila alveari presenti in Umbria ma ora il rischio è che un “ritorno” del freddo possa far gelare i primi fiori e anche far morire parte di questi insetti. È quanto sottolinea Coldiretti Umbria su dati dell’anagrafe nazionale zootecnica, riguardo agli effetti di un inverno con una temperatura che fino ad ora è stata in Italia superiore di 1,65 gradi la media storica secondo le elaborazioni su dati Isac Cnr relativi ai mesi di dicembre e gennaio.
“Con le ripetute giornate di sole anche a febbraio, le api hanno iniziato a lavorare prima del previsto – afferma Luca Galli apicoltore di Corciano -. Un “ritorno” tardivo del freddo causerebbe dei problemi, che si sommerebbero a quelli della scorsa annata, una delle peggiori per la produzione di miele. Le api nelle ultime settimane hanno cominciato a uscire più facilmente dagli alveari. Il sole e le temperature più alte della media – aggiunge Luca Galli – hanno anticipato l’attività degli insetti, ma il rischio è che ora freddo e gelate, oltre al blocco dello sviluppo delle “famiglie”, possano danneggiare i fiori con conseguenze negative sulle api stesse che non avrebbero di che nutrirsi. In Umbria tra l’altro, possiamo contare su varie tipologie di ottima qualità, dal millefiori a quelli di castagno e di acacia, solo per citarne alcune, con il miele prodotto sul territorio nazionale riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria.”
L’andamento anomalo di questo inverno conferma dunque i cambiamenti climatici in atto che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi e sfasamenti stagionali che sconvolgono i normali cicli colturali ed impattano sul calendario di raccolta e sulle disponibilità dei prodotti che i consumatori mettono nel carrello della spesa. L’agricoltura è l’attività economica che più di tutte le altre vive quotidianamente le conseguenze dei cambiamenti climatici con sfasamenti stagionali ed eventi estremi che hanno causato una perdita in Italia di oltre 14 miliardi di euro nel corso del decennio tra produzione agricola nazionale, strutture e infrastrutture rurali.