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Coronavirus, l’Unione Europea tende una mano all’Italia

La Commissione europea ha stanziato 230 milioni per qualunque paese nel mondo abbia bisogno di aiuto. E le istituzioni UE sono con l’Italia.

“Poiché i casi di Coronavirus continuano a salire, la salute pubblica è la priorità numero uno. La comunità internazionale deve lavorare insieme. L’Europa è qui per svolgere un ruolo di primo piano”. Così la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen su Twitter, nel bel mezzo della tempesta Coronavirus. In queste ore di agitazione e paura del contagio, la dicotomia tra chi inneggia alla solidarietà tra gli Stati e chi guarda al proprio orticello si fa più marcata. Nel piccolo, gli abitanti delle regioni italiane più colpite corrono nei supermercati e portano via quanto possono, per stare tranquilli nel caso di una chiusura totale, come Wuhan. Dopotutto, è stato il governatore lombardo a dipinge la possibilità: “Se la situazione dovesse degenerare si può pensare a iniziative di questo genere”.

Difficile, in un momento come questo, riuscire a pensare alla solidarietà. Ma dalle istituzioni europee arrivano braccia tese in aiuto, a partire da quello finanziario. I commissari europei alla Salute e alla Gestione delle crisi, Stella Kyriakides e Janez Lenarčič, hanno annunciato lo stanziamento di oltre 230 milioni di euro per finanziare la lotta globale alla diffusione del virus. I fondi saranno a disposizione anche dei paesi extra-UE, per promuovere la ricerca e acquistare il materiale necessario alla prevenzione. Ma un pensiero speciale in Europa non può che andare all’Italia, prima per contagiati nel continente e terza nel mondo, dopo Cina e Corea del Sud.

“Voglio lodare la risposta rapida e professionale delle autorità italiane – ha detto il commissario Lenarčič -. Abbiamo un’eccellente collaborazione con loro nel campo della Protezione Civile e sono sicuro che l’Italia abbia il personale competente e le strutture efficienti per rispondere in maniera ben coordinata”. L’Italia ha preso “tutte le misure necessarie” per tracciare la diffusione del virus e prevenire ulteriori contagi, si è complimentata la commissaria Kyriakides. La collaborazione con le istituzioni europee è costante, tanto che “per sostenere le autorità italiane” giungerà domani una delegazione congiunta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del Centro europeo per il controllo delle malattie.

Come in ogni grande famiglia, però, c’è sempre chi preferirebbe chiudere qualsiasi possibilità di contaminazione, e anche Schengen viene messo in dubbio. E’ la sovranista francese Marine Le Pen, storica alleata in Europa di Matteo Salvini, a dirsi favorevole a “ripristinare i controlli alle frontiere” nel caso in cui la situazione da noi sfuggisse al controllo. “Fa bene a chiederlo”, sentenzia il leader della Lega, ignorando le pene che soffrirebbe un’Italia isolata. L’Austria intanto ha bloccato i collegamenti ferroviari dalla penisola, e chiunque arrivi da Veneto e Lombardia in Romania deve stare in quarantena.

Nel corso di una riunione alla Protezione Civile, l’eventualità di ripristinare i controlli alle frontiere in deroga a Schengen è stata scartata: “Non sussiste la sostenibilità pratica per una tale sospensione. E in ogni caso – aggiunge la Protezione civile – tale misura non garantirebbe nessuna efficacia cautelativa”. Da parte dell’UE, il commissario alla Gestione delle crisi spiega che la Commissione non ha “ricevuto nessuna richiesta di sospensione del trattato di Schengen, tutte le decisioni devono essere prese in base a una rigorosa valutazione scientifica, devono essere proporzionate e coordinate”. Ma un portavoce non esclude l’opzione, nel caso fosse strettamente necessario: “C’è la possibilità, per quanto riguarda Schengen, di reintrodurre controlli alle frontiere sulla base di politiche pubbliche o di motivi di sicurezza: tali misure devono corrispondere ai criteri di proporzionalità, credibilità ed evidenze scientifiche”, spiega.

Di A.C.

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