Reato prescritto per Vincenzo Scarantino
CALTANISSETTA – Fu depistaggio. Lo conferma anche la nuova sentenza del processo d’appello Borsellino Quater. I giudici di Caltanissetta hanno condannato i boss palermitani Salvatore Madonia e Vittorio Tutino all’ergastolo; 10 anni ciascuno ai falsi collaboratori di giustizia Calogero Pulci e Francesco Andriotta. Reato prescritto invece per Vincenzo Scarantino, che secondo i giudici fu costretto a mentire.
Con il dispositivo della Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta i cinque imputati sono stati condannati anche alla refusione delle spese sostenute dalle parti civili assistite dall’avvocato Roberto Avellone, 15 mila 150 euro; da quelle assistite dall’avvocato Vincenzo Vedovo 4800 euro; da quelle assistite dall’avvocato Fabio Trizzino 13 mila euro, da quelle assistite dall’avvocato Fabio Repici 3.500 euro; dall’avvocato Fabrizio Genco 4.200 euro, dall’avvocato Giuseppe Ferro 4.200; dall’avvocato Mazzoleni 8.800; dall’Avvocatura distrettuale dello stato di Caltanissetta 6.700 euro.
Il verdetto e’ arrivato dopo circa sette ore di camera di consiglio.
Confermata, dunque, la sentenza di primo grado dell’aprile 2017, come chiesto dalla procura generale. Per la famiglia Borsellino, «la conferma integrale della sentenza di primo grado certifica, in maniera inconfutabile, che nell’ambito del processo Borsellino uno e bis si e’ realizzato uno, se non il, piu’ grande errore giudiziario della storia italiana», afferma l’avvocato Fabio Trizzino che con il collega Vincenzo Greco rappresenta i figli del magistrato Paolo Borsellino, Lucia, Fiammetta e Manfredi.
“Chiaramente ora attendiamo sviluppi. Questa e’ una pietra miliare – prosegue il legale, marito di Lucia Borsellino – perchési afferma che Scarantino e’ stato indotto a depistare le indagini”. Abbiamo il processo di Mario Bo e altri, la conferma totale della sentenza di primo grado costituisce i presupposti fondamentali per l’altro processo e per le ulteriori indagini che ci saranno e che magari sfoceranno in un altro processo». «La nostra famiglia è in attesa – ha poi detto Trizzino – ha fiducia totale in questo distretto giudiziario». Il Pg Lia Sava pensa già a un nuovo processo, di »ulteriori sviluppi delle indagini» e della «possibilità di arrivare a un Borsellino quinquies».
Del resto era stata la stessa Pg nella sua requisitoria a spiegare che a parere della procura generale “e in attesa dell’esito definitivo del processo Trattativa, se sara’ provato in maniera inconfutabile, che l’accelerazione dell’uccisione del giudice Paolo Borsellino e’ stata determinata anche dalla sua opposizione ad accordi fra elementi deviati dello Stato e Cosa nostra, avremo, quale conseguenza immediata e diretta, altri elementi utili e importanti al fine di comporre lo scenario di quella tragica stagione stragista”. Il Pg aveva poi ammonito: “Tocca ai magistrati l’arduo compito di acquisire, a distanza di numerosi anni, ulteriori elementi per la ricostruzione completa della dinamica della strage di via d’Amelio, che presenta ancora oggi, diversi punti drammaticamente irrisolti”.
I procedimenti in via di definizione
Ci sono altri due procedimenti sotto i riflettori. Il primo a carico del funzionario Mario Bo e dei poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei accusati di calunnia in concorso. Ai tre i pm contestano l’aggravante secondo la quale con la loro condotta avrebbero favorito Cosa nostra. I tre avrebbero confezionato una verità di comodo sulla fase preparatoria dell’attentato e costretto il falso pentito Vincenzo Scarantino a fare nomi e cognomi di persone innocenti. Un piano il cui presunto regista era Arnaldo La Barbera che avrebbe avuto comprimari come Bo ed “esecutori” come Ribaudo e Mattei. Il secondo invece, iscritto a Messina, che vede indagati i due magistrati che in quegli anni si occuparono dell’attentato, Carmelo Petralia e Annamaria Palma, rispettivamente procuratore aggiunto a Catania e avvocato generale a Palermo. I due magistrati sono indagati per calunnia aggravata.
Le motivazioni saranno depositate tra 90 giorni
La Corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta, presieduta da Andreina Occhipinti, si è presa novanta giorni di tempo per depositare le motivazioni della sentenza del Borsellino quater.
A cura di Giovanni Cioffi