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I parlamentari inglesi vogliono varare una legge contro il no-deal

Il parlamento inglese chiuderà per cinque settimane a partire dal 12 settembre, forse anche prima. Ai parlamentari inglesi non resta molto tempo per escogitare un piano che salvi il paese da una Brexit disastrosa.

Una Brexit senza accordo sarebbe una catastrofe. Ormai si sa. Fonti di ogni tipo confermano che il divorzio tra UE e UK senza un accordo di uscita aprirebbe scenari disastrosi per il Regno. Eppure, un deal accettabile sul tavolo non c’è, e l’Unione Europea ha già più volte chiuso le porte a nuove trattative. Dunque la situazione è simile a quella di uno stallo alla messicana: si vuole uscire, perché così vuole il popolo; si vuole un accordo, perché è meglio per il popolo e per il paese; ma l’unico accordo possibile, l’unico che l’UE è disposta a concedere, al Regno Unito non va bene. Cosa fare, dunque? Chi ancora lotta strenuamente in favore di Brexit, tra cui lo stesso primo ministro Boris Johnson, vorrebbe uscire ad ogni costo, anche pur dovendo affrontare uno scenario no-deal. E infatti Johnson ha fatto in modo che il parlamento inglese chiudesse per cinque settimane, per riaprire solo 17 giorni prima dell’effettiva data di uscita, il 31 ottobre.

Non resta molto tempo all’opposizione di studiare una contromossa. Non prima del 9 e non più tardi del 12 settembre il parlamento sarà chiuso, i lavori sospesi. Una condizione che rende impossibile l’attuazione del piano per evitare il no-deal: far varare una legge che renda illegale una Brexit senza accordo. La proposta era già nell’aria, ma da quando la Regina ha approvato la chiusura delle Camere la scadenza diventa pressante. Una settimana da ora. Alcuni voci dall’opposizione dicono che il piano per fermare il no-deal sarà rivelato già martedì. Solitamente l’iter di approvazione di una legge richiede settimane: il disegno deve essere approvato da entrambi i rami del parlamento. Se anche si riuscisse a completare tutti i passaggi in soli tre giorni, la maggioranza dei parlamentari potrebbe comunque rigettarlo. Come se le difficoltà non bastassero, il fronte di chi lotta contro il no-deal è scaglionato: i Liberal Democrat sperano in un rinvio di Brexit e in un secondo referendum; i Laburisti vorrebbero una nuova tornata elettorale; tra i conservatori c’è chi teme che boicottando il no-deal il paese passerebbe nelle mani del leader dei Laburisti Jeremy Corbyn.

Cosa succede ora?

John Bercow, Speaker della Camera dei Comuni

Un fronte unito e compatto quello della Brexit a qualunque costo, mentre l’opposizione al no-deal raccoglie diverse correnti, numerose scuole di pensiero, differenti partiti, e un accordo su come evitarla è quasi impossibile da trovare. Bisogna aspettare e vedere cosa ha in serbo la politica britannica. Intanto, martedì 2 settembre il parlamento si riunirà, di rientro dalla pausa estiva. Già in quest’occasione potremo conoscere la proposta legislativa per fermare un divorzio senza accordo. Se la questione è particolarmente urgente – e lo è – i parlamentari d’opposizione potranno appellarsi allo “Standing Order 24”, la regola che permette di discutere un disegno nel giro di 24 ore, qualora lo si ritenga di primaria importanza. Martedì, se tutto va se secondo i piani, si effettuerà la prima lettura della legge. Mercoledì, il dibattito, e potenzialmente anche il resto dell’iter all’interno della Camera dei Comuni. Se mercoledì la legge viene approvata dai Comuni, giovedì sarà sui tavoli del Senato, la Camera dei Lord, dove sarà discussa e votata (anche perché il venerdì le Camere non si riuniscono). Se tutto sarà filato liscio fino a lunedì 9 settembre, sarà approvato dalla Regina e diventerà ufficialmente legge.

 

Di A.C.

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