La preside di Imperia Annarita Zappulla, finita in carcere per aver utilizzato l’auto della scuola davanti al gip Massimiliano Raineri si è resa conto di aver commesso peculato e lo ha riconosciuto, ma si è difesa spiegando da 40 giorni utilizzava il veicolo dell’Ipsia perché la sua auto era fuori uso per un grave incidente. Non solo, come ha spiegato il suo difensore l’avvocato Andrea Rovere, la vicenda contiene un retroscena che sembra paradossale: l’arresto avrebbe impedito alle scuole dirette da Annarita Zappulla di partecipare a un bando per ottenere 400 mila euro di fondi europei.
Il gip Raineri al termine dell’interrogatorio non ha convalidato il discusso arresto e ha concesso la scarcerazione che già domenica aveva avuto il placet della procura. All’interrogatorio non era presente il procuratore aggiunto Grazia Pradella che aveva coordinato i carabinieri al momento dell’arresto ma il pm titolare dell’inchiesta Luca Scorza Azzarà
Zappulla ha spiegato che sabato era andata a Mentone con la Toyota Corolla della scuola per andare a casa della segretaria dell’istituto Colombo per dare l’ultima occhiata alle schede per i finanziamenti europei per le scuole da lei amministrate. Domenica aveva appuntamento per lo stesso scopo con il vicepreside dell’Ipsia Marconi. Lunedì era la scadenza per la consegna dei moduli “che a questo punto sono andati perduti” ha detto l’avvocato Rovere.
Un particolare che alimenterà le polemiche relative alla misura dell’arresto e della detenzione nel carcere di Pontedecimo per tre giorni, ritenuta da molti sproporzionata rispetto alle contestazioni.
Insomma, quello che emerge è sicuramente un abuso da parte di un pubblico dipendente nell’utilizzo di un bene non suo ma della scuola, resta aperta la discussione politica sui tre giorni di carcere.
“E’ un processo – ha detto l’avvocato Rovere – caratterizzato, a mio avviso, nella fase iniziale da una eccessiva spettacolarizzazione e da un utilizzo troppo punitivo della custodia in carcere, che la stessa Procura ha riconosciuto, tanto che dopo l’arresto, avvenuto nel pomeriggio del sabato, già la domenica nel primo pomeriggio la stessa Procura della Repubblica, chiedendo la convalida, ha chiesto l’applicazione degli arresti domiciliari. Deve esserci stato sicuramente un problema di comunicazione con gli inquirenti, perché se la comunicazione avesse funzionato, sostanzialmente avrebbero potuto applicare direttamente la misura degli arresti domiciliari».