Per tre volte si era rifiutato di parlare. Lunedì sera ha confessato: «l’ho ucciso io e fatto a pezzi». Nel corso di un drammatico interrogatorio che si è svolto lunedì in tutta segretezza e finito a tarda sera, davanti al pm titolare dell’indagine, Michele Cialei, 53 anni, ha confessato l’omicidio del pastore Armando Capirchio, suo rivale. In carcere da dicembre del 2017, proprio per l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere con l’aggravante della crudeltà, in quanto ha fatto a pezzi il cadavere, aveva sempre tenuto la bocca cucita.
L’altra sera, nel corso di alcune ore, ha ripercorso drammaticamente le fasi che hanno portato all’assassinio del cinquantanovenne di Vallecorsa, di cui si erano perse le tracce a ottobre del 2017 e il cui corpo, fatto a pezzi, è stato ritrovato in una grotta in località Ambrifi, a Lenola, in provincia di Latina, il 23 marzo dello scorso anno.
Sembrerebbe che alla base del gesto ci siano dei vecchi rancori, episodi che avevano visto Capirchio quale protagonista di attacchi alle bestie di Michele Cialei. Sempre nel corso dell’interrogatorio sembrerebbe che Michele Cialei abbia escluso l’aiuto del figlio nell’omicidio e nell’occultamento, sostenendo di aver fatto tutto da solo. Per il figlio Terenzio, 21 anni, l’accusa di omicidio è caduta lo scorso mese di ottobre, mentre è rimasta nei suoi confronti, quella dell’occultamento di cadavere. Proprio il giovane, giovedì scorso, per la terza volta, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Ha tenuto la bocca cucita davanti al pm che voleva sapere se potesse dare qualche delucidazione in ordine alla posizione del padre Michele. E a distanza di quattro giorni, il genitore ha deciso di parlare e confessare l’omicidio