È arrivata la primavera. Gli alberi sono in fiore, l’inverno è passato. Tutto rinasce, sbocciano i fiori, nascono nuovi amori. La festività della Pasqua cade a pennello in un periodo come questo. Si decorano case e scuole di coniglietti e uova, il simbolo privilegiato è una colomba. Si regalano uova di cioccolato. Ma perché si festeggia la Pasqua? Soprattutto: perché si festeggia così?
Molte sono le leggende, molte le versioni. Ma la storia è storia e non può essere cambiata, malgrado manovre e censure. Molti credono che la Pasqua sia festeggiata dai cristiani per commemorare la resurrezione di Gesù. Altri credono di portare avanti la festività ebraica i “giorni degli azzimi”, momento celebre incorniciato nell’ultima cena di Gesù con gli apostoli, ricorrenza che ha origini remote, vale a dire dalla liberazione da parte del Dio di Israele degli ebrei dall’Egitto, attraverso le dieci piaghe miracolose. Dunque la cerimonia della Pasqua ebraica è stata comandata da Dio a Israele come festa commemorativa da osservare annualmente «per sempre». Ma dal Nuovo Testamento in poi, dopo il sacrificio di Gesù, le cose sono cambiate. Come riportano i Corinzi 5:7-8, «Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato ». Nuovi simboli, il pane e il vino. E le uova, le colombe e i conigli? Da dove verranno?
Il termine “Pasqua” in realtà è traducibile con quelli anglosassoni “Easter” e “Passover”. “Easter” corrisponde alla pronuncia di “Ishtar”, parola di origine sumera, equivalente di Astarte, Iside –egiziano – Asherah –cananea. Tutti questi vocaboli in realtà equivarrebbero ad un solo appellativo. Quello di una divinità, considerata pagana dal Cristianesimo, e per questo cancellata dalla storia. Si narra che questa dea sia nata da un uovo caduto dal cielo sul fiume Eufrate, che sia stata covata dalle colombe e sia nata al soffio degli zefiri primaverili. Negli antichi culti sumeri e babilonesi rappresentava l’amore, la fertilità, la Grande Madre dell’umanità e per questo doveva essere inneggiata con una festa a lei dedicata. Nell’antica Grecia era nota con il nome di “Afrodite”. Nell’antica Roma veniva chiamata “Venere” e tra mito, leggenda e storia, essa veniva festeggiata dopo l’equinozio di primavera, nella prima domenica dopo la prima luna piena con conigli, uova e colombe.