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Max Corvo e l´OSS in Italia

L’Office of Stratecic Services, organismo dal quale sarebbe nata la Special Service Unit e quindi la CIA, è molto impegnato in Italia fin dall’organizzazione dello sbarco in Sicilia.
Gerarchicamente, l’OSS del generale William Donovan, in Europa dipende da Allen Dulles, che ha la propria sede in Svizzera, mentre in Italia il responsabile è l’italoamericano Massimo Corvo, 23 anni, di origini siciliane meglio noto come “Max” e detto in codice “Maral”.
Nasce ad Augusta il 29 maggio 1920 da Cesare Corvo e Giuseppina Arena. Tre anni dopo la sua nascita, il padre è costretto ad abbandonare la Sicilia per manifesti contrasti con il governo fascista e decide di emigrare negli Stati Uniti, stabilendosi a Middletown, nel Connecticut, dove vi era una piccola comunità di siciliani. Nella cittadina Cesare Corvo fonda una rivista settimanale in lingua italiana, in contatto con le comunità di Chicago, Boston, New York e altre città statunitensi. Nel 1929 ottiene la cittadinanza americana, e può quindi essere raggiunto dal resto della famiglia. All’epoca, il piccolo Max ha nove anni.
Nel 1942 Max Corvo ha ventidue anni, ed è soldato semplice nell’esercito americano a Camp Lee in Virginia, dove il suo ufficiale istruttore, Biddle Duke (che sarebbe stato nominato ambasciatore in Spagna durante la presidenza Kennedy) nota la sorprendente predisposizione del giovane per la crittografia e l’analisi. In breve lo fa trasferire al neonato servizio segreto, l’OSS.
Max Corvo è inviato a Washington, dove ha un colloquio con Earl Brennan, responsabile della Sezione Italiana ed ex agente del Dipartimento di Stato. Brennan è impressionato dalla profonda conoscenza di Max su fatti e personalità politiche italiane e dalle capacità del giovane che in breve espone il progetto per azioni di guerriglia e sabotaggio a sostegno di un “probabile” sbarco in Sicilia.
Il numero di matricola con cui Max Corvo entra nell’OSS è il 45. Da qual momento riceve l’incarico di arruolare italoamericani, partendo proprio dalla cittadina di Middletown. I primi ad accettare sono Emil Daddario, atleta di eccezionali doti alla Wesleyan University (che sarà protagonista di importanti missioni), il giovane avvocato laburista Vincent Scamporino, il tenente di marina Sabastian Passanisi, gli studenti Sam Fraulino e Louis Fiorilla, e il tenente dell’esercito Frank Tarallo. Un gruppo unito, amalgamato, di ragazzi che si conoscono da molto, e che grazie alla loro unione e amicizia, sarebbe arrivato a costituire la colonna portante dell’attività dell’OSS in Italia.
Oltre a questi, era però necessario poter contare su un numero maggiore di uomini per pensare di allestire missioni in territorio occupato, quindi Corvo inizia una ulteriore campagna di arruolamento in tutti gli Stati Uniti. Alla base di questo, una accurata raccolta dati e informazioni analitiche sulle comunità italoamericane di New York, del Vermont, di Boston, del New Haven, dell’Alabama. Il piano di arruolamento, oltre ai servizi segreti, viene esteso al gruppo operazione speciali, un’unità che avrebbe giocato un ruolo molto importante tra i guastatori nell´Italia del nord e che operava in stretto contatto con i partigiani.
Nel 1943 gli alleati cominciano ad organizzare l’operazione Husky, lo sbarco in Sicilia, e Max Corvo entra in gioco, cominciando ad organizzare i propri uomini in base alle direttive del piano, senza tralasciare gli importanti aspetti politici della vicenda, formando quello che, fra le forze armate americane era ironicamente noto come “the mafia circle”. Stabilisce quindi ulteriori contatti con personalità italoamericane come Giuseppe Lupis, direttore del giornale “Mondo” di New York, e con Alberto Tarchiani, il conte Sforza, Alberto Vianca, Rodolfo Pacciardi e altri che lavoravano a stretto contatto con gli espatriati in Inghilterra e Canada, che a loro volta mantenevano rapporti con esponenti del governo britannico, che avevano già disegnato la loro struttura politica dell’Italia dopo la guerra. Altri personaggi contattati da Max Corvo sono Victor Anfuso, Lucky Luciano, Vito Genovese, Albert Anastasia (e altre personalità delle organizzazioni criminali italoamericane inserite nell’operazione Underworld), un giovane raccomandato dallo stesso Luciano, Michele Sindona, e anche un certo Licio Gelli, in contatto con i servizi segreti alleati soprattutto durante la campagna di liberazione della penisola.
Max Corvo e la sua squadra arrivano in Nord Africa verso la fine del maggio 1943, quando allo sbarco mancano meno di due mesi. L’unità prende terra a Falconara, vicino a Gela, tre giorni dopo l’attacco alleato, e dopo un breve scontro a fuoco con le truppe italiane, si stabilisce nel castello della cittadina. A Melilla incontra padre Fiorilla, parente di uno dei suoi uomini e parroco di San Sebastiano, poi è ad Augusta, sua città natale, per reclutare collaboratori locali. Intanto gli agenti dell’OSS cominciano a predisporre l’occupazione delle isole minori intorno alla Sicilia, fra le quali Favignana, liberando dalla locale prigione numerosi boss della mala, che entrano al servizio dell’OSS. Sono circa 850 le “persone di fiducia” raccomandate dai capi siciliani che assumeranno cariche pubbliche nell’amministrazione militare del colonnello Charles Poletti (nella sola provincia di Palermo sono 62 i sindaci “caldamente raccomandati”).
I contatti iniziali avvenuti con alcuni leader politici siciliani e successivamente anche italiani, gettano le basi per una collaborazione che si sarebbe estesa ben oltre la fine della guerra. Il 25 luglio viene annunciato a Palermo che Mussolini era stato destituito e che il maresciallo Badoglio era il nuovo capo del governo.
I criteri di arruolamento di Max Corvo, che intanto è promosso capitano, sono basati sulla creazione di gruppi con personalità di diversa estrazione, anche di considerevole importanza sociale, per fare in modo di sfruttarne le conoscenze, i contatti, i canali di comunicazione. Nella città di Detroit, per esempio, riesce a reclutare Johnny Ricca, procuratore capo dell’Ufficio Municipale. Sarebbe stata una scelta di importanza decisiva per l’attività di Corvo e dell’OSS in Italia. Proveniente da una famiglia di origini piemontesi, Ricca parlava il dialetto della regione in modo praticamente perfetto, lo stesso del capo del governo, maresciallo Badoglio. Grazie all’OSS Max Corvo riesce a mettere in contatto Badoglio e Ricca, e i due trovano da subito una intesa che sarebbe risultata vantaggiosa per gli interessi sia italiani che americani.
Dalla metà di agosto del ’43, prima ancora che si giungesse alla firma dell’armistizio, l’OSS aveva avviato l’operazione MacGregor, diretta sul campo dal capitano John Shaheen. Il piano riguardava il Nord Italia e la preparazione di un documento che avrebbe portato il governo Badoglio alla firma di Cassibile. La persona principalmente coinvolta nel progetto è l’ammiraglio Massimo Girosi, e in seguito doveva riguardare altre personalità di rilievo degli alti comandi, fra cui il generale Giuseppe Castellano che, su precise istruzioni di Badoglio, inizia una serie di incontri segreti a Lisbona per preparare la resa italiana agli alleati basata su un trattato segreto fra governo italiano e Washington. Tale documento sarebbe stato conosciuto come “armistizio corto” e sottoscritto per l’Italia dal generale Castellano e per gli Stati Uniti dal generale Walter Bedell Smith, assistente particolare del comandante in capo Eisenhower, il quale decide di rendere pubblico il documento nonostante la pericolosa situazione, causando la totale confusione nell’esercito italiano con conseguenze drammatiche per quelle unità che si trovavano sotto comando germanico.
A peggiorare la situazione, la fuga da Roma delle personalità del governo e della corona, che si rifugiano a Brindisi e lasciano parte del paese in balia delle truppe tedesche di occupazione.
Anche Max Corvo e la propria squadra arrivano a Brindisi, per allacciare contatti diretti con il governo Badoglio e porre rimedio al fatto che i responsabili dell’OSS erano stati esclusi dalle trattative di resa. Un errore al quale bisognava rimediare, e a tale scopo risultano essenziali i buoni rapporti che si erano stabiliti fra Badoglio e Ricca, ideale collegamento fra il governo italiano e il presidente Roosevelt che, in tal modo, poteva avere un quadro preciso delle opinioni italiane sia del governo che del comando delle forze armate, o di quello che ne era rimasto. Di pari passo, Max Corvo riesce anche a stabilire un buon rapporto con il generale Ambrosio e il maresciallo Messe, e con i loro più intimi collaboratori: il maggiore Marchesi, il tenente Lanza di Travia, e il capitano Guarasi.
Intanto a Vincent Scamporino, amico e assistente di Max Corvo, grazie a ulteriori personali contatti con esponenti del governo italiano, viene richiesto un contatto con il colonnello Agrifoglio, capo del Servizio Segreto Militare che, prigioniero in Algeria, era stato trasferito negli Stati Uniti. Reintegrato nel proprio grado, il colonnello Agrifoglio incontra Max Corvo e da subito si stabilisce un rapporto di collaborazione basato su un protocollo segreto di nove punti principali. Da questo nasce un piano di lavoro fra SIM e OSS. Fra le clausole dell’accordo: il SIM si impegnava a selezionare dai ranghi delle forze armate italiane un certo numero di agenti provenienti dall’Italia settentrionale, che dovevano essere impiegati dall’OSS; Il SIM doveva scegliere un ufficiale di collegamento da distaccare presso la sezione italiana dell’OSS; l’OSS sarebbe entrato in possesso dell’intero archivio del SIM; tutti i servizi di comunicazione fra zona libera e territorio occupato sarebbero stati gestiti dall’OSS; l’OSS avrebbe finanziato, equipaggiato, trasportato e rifornito le missioni segrete in territorio occupato; l’OSS avrebbe riorganizzato il Servizio Segreto italiano a partire dalla Sicilia, che era amministrata da un governo militare alleato.
Di fatto, le basi dell´accordo si reggono sulla reciproca fiducia con l’importante comunanza di radici storiche e culturali, che rendevano i rapporti chiari e al riparo da comportamenti ambigui.
Come aveva fatto con il SIM, allo stesso modo Max Corvo cura attentamente anche i rapporti con le organizzazioni della Resistenza che agivano, più o meno indipendentemente, nel nord del paese. Una di queste era la ORI (Organizzazione della Resistenza Italiana) guidata da Raimondo Craveri e formata prevalentemente da giovani con tendenze democratiche. Anche con la ORI Corvo riesce ad arrivare ad un accordo, con il quale l’OSS si impegnava a curare rifornimenti, addestramento e finanziamenti, ottenendo in cambio l’opportunità di organizzare e pianificare le azioni di guerriglia. In ultimo, e non meno importante, l’accordo che Max Corvo conclude con il generale Raffaele Cadorna, nominato referente del Corpo Volontari della Libertà nei confronti del comando supremo alleato.
In breve, la Sezione Italiana dell’OSS riesce ad allacciare contatti di importanza fondamentale con tutte le personalità che avrebbero ricoperto posti di responsabilità dei governi del dopoguerra, fra cui Rodolfo Pacciardi, Giuseppe Romita, Ferruccio Parri, Giancarlo Pajetta, don Luigi Sturzo e altri.
Max Corvo riesce a stabilire buoni rapporti con gli esponenti italiani anche dei partiti politici opposti fra loro, in ragione del diverso approccio che aveva, se paragonato ai servizi segreti britannici, che lavoravano per portare il paese sotto la sfera di influenza inglese e con il ristabilimento dell’autorità monarchica, mentre gli americani, pur con l’obiettivo di controllare la politica italiana, volevano un governo prettamente democratico. Per questo il favore della Resistenza andava alle intenzioni americane, fatta eccezione per quella piccola parte che si dichiarava fedele al re.
Di contro, negli Stati Uniti esisteva una fazione che avversava i programmi di democratizzazione dell’Italia perché temeva il predominio delle sinistre con un conseguente avvicinamento all’URSS.
Nel periodo in questione, dal 1943 al ’45, la sezione italiana di Max Corvo deve comunque districarsi sia fra le numerose fazioni partigiane di diverso credo politico, ma anche tenere a bada la pesante ingerenza esercitata dal capo dell’OSS in Europa Allen Dulles, che esercitava la propria autorità dalla Svizzera, specialmente riguardo alle iniziative nell’Italia del nord. Non di rado, la confusione e il disaccordo fra Corvo e Dulles causa situazioni critiche e a volte con conseguenze drammatiche.
Allen Dulles, che sarebbe diventato direttore della CIA, manteneva i contatti con la sezione italiana tramite il capitano Emil Daddario, ma in larga parte non condivideva le scelte di Max Corvo. Il futuro capo della CIA aveva principi decisamente conservatori rispetto al giovane capo della sezione italiana. Il nonno era stato segretario di Stato, e con il fratello maggiore, principe del foro americano, aveva curato diversi affari per conto della Germania nazista prima dello scoppio della guerra. Dulles aveva numerosi e importanti contatti in Germania e, mentre gli uomini di Corvo si infiltravano sempre più profondamente nel nord Italia con le azioni di guerriglia, egli aveva invece ordinato di compiere attacchi in forze con grandi formazioni partigiane contro le truppe nazifasciste, ma aveva trascurato di equipaggiare, addestrare e finanziare la Resistenza per gli scopi che si era prefisso. Per evitare maggiori catastrofi, la sezione italiana si vede quindi costretta a dover equipaggiare, addestrare e rifornire anche quelle formazioni partigiane che avevano deciso di adottare la tattica di Allen Dulles.
In pratica, Max Corvo, promosso al grado di maggiore, continua a condurre indipendentemente la propria tattica, tutt’altro che nei canoni della classica strategia militare. D’altra parte era una scelta quasi obbligata, dal momento che nel nord Italia, gli ultimi mesi di guerra sono caratterizzati da scontri brutali di italiani contro italiani. La sezione italiana dell’OSS deve quindi far fronte ad una doppia missione: da una parte continuare a fornire informazioni alle truppe alleate che avanzavano dal Sud, dall’altra mantenere le strutture organizzative che sarebbero risultate di grande utilità alla lotta partigiana. Oltre a questo, salvaguardare le strutture ospedaliere, le industrie e le vie di comunicazione che dovevano servire all’avanzata angloamericana perché Hitler aveva espressamente ordinato di fare terra bruciata alle truppe tedesche in ritirata verso il nord, come sul Fronte Orientale.
Altra importante funzione degli uomini di Corvo era arrestare e tenere in custodia i gerarchi fascisti, per porre un freno all’ondata di esecuzioni sommarie da parte delle bande partigiane. In questo contesto, per richiesta di Corvo, il capitano Emil Daddario lascia la sua posizione di ufficiale coordinatore con Allen Dulles in Svizzera e si dirige a Milano dove prende prigionieri il maresciallo Graziani e i generali Bonomi e Sorrentino, sottraendoli alla giustizia partigiana, e li tiene sotto la propria protezione in un albergo della città.
Max Corvo lascia l’Italia il 22 maggio 1945. Dopo la guerra, lo stesso maresciallo Graziani scrive una lettera a Daddario dal suo campo di prigionia ad Algeri il 15 giugno 1945, nella quale ringrazia apertamente l’ufficiale dell’OSS per avergli salvato la vita.

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