Torino – Una nuova inchiesta sulle sigarette elettroniche e il “sospetto” che qualcuno voglia arrestarne la diffusione.
La Procura di Torino è pronta ad aprire un nuovo fascicolo di indagine dopo il presunto ritrovamento di metalli pesanti e sostanze nocive nei liquidi delle ricariche delle sigarette elettroniche. A scatenare la nuova crociata contro il fumo senza combustione sono le associazioni dei Consumatori che chiedono maggiori garanzie per chi utilizza il nuovo ritrovato e leggi più severe per regolamentare un mercato in continua espansione ma ancora “sottovalutato” dal legislatore.
L'occasione è il ritrovamento, attraverso l'analisi di campioni raccolti in diversi punti vendita, di sostanze nocive per l'uomo in concentrazioni superiori a quelle consentite, ad esempio, per l'acqua potabile.
Arsenico, piombo, cadmio, ma anche cromo, sono i nemici degli italiani che hanno deciso di smettere di fumare le sigarette tradizionali (peraltro piene zeppe di sostanze tossiche) per passare al “fumo elettronico”. Il pericolo potenziale è racchiuso nei liquidi usati per le ricariche: le sostanze che vengono vaporizzate e inalate dall'utilizzatore e che contengono la nicotina che induce la dipendenza sia nelle sigarette tradizionali che in quelle elettroniche.
Come sempre il problema è di tipo legislativo. Nessuno ha legiferato sulle sostanze lecite e non lecite che possono o meno essere contenute nelle “ricariche” e nessuno ha previsto i controlli o le certificazioni che possono garantire e tutelare i consumatori.
Un vuoto normativo che si somma alle scarse risorse degli enti preposti ai controlli, tanto è vero che la scoperta di sostanze sospette è stata fatta da un laboratorio privato pagato da una associazione di tutela dei consumatori.
Se è vero che i rischi per la salute ci sono – la stessa Anafe (associazione nazionale fumo elettronico) ammette un 20% di prodotti non certificati e quindi potenzialmente insicuri – è anche vero che due milioni di ex fumatori di sigarette tradizionali e un mercato in espansione continua costituiscono una “minaccia” ai potentati legati al commercio del Tabacco in tutto il Mondo ed esiste anche il sospetto che questa lobby stia combattendo il “nemico” a colpi di proclami e sapiente uso dei Media.
Sulla Rete di Internet si sprecano le teorie “complottiste” che vorrebbero le multinazionali del Tabacco, complici i governi che incassano le tasse sui prodotti (in Italia il Monopolio di Stato) pronte a qualunque cosa pur di rallentare l'espansione delle sigarette elettroniche.
Un pò quello che succede per le acque minerali con la diffusione delle “brocche filtranti” che erodono quote di mercato sempre più rilevanti al mercato delle acque imbottigliate.
Mentre si attende l'esito delle indagini e si invoca l'intervento del Governo per legiferare in materia di salute pubblica, è giusto dare voce anche ai “produttori” delle sigarette elettroniche.
Ecco cosa replicano ai sospetti di poca attenzione alla salute dei consumatori: “qui in Italia – precisa all'AGI Massimiliano Mancini, presidente dell'associazione nazionale fumo elettronico (Anafe) – lavoriamo con elevati standard di sicurezza, i nostri prodotti sono sicuri e rappresentano l'80% del mercato”.
“Poi certo – prosegue Mancini – ci sono i prodotti importati dall'estero, spesso senza controlli, che magari costano meno ma che possono presentare dei rischi, per la nostra come per tutte le altre categorie merceologiche. Arrivano da Cina, Polonia, India, Croazia, Russia… Un import selvaggio facilitato dalla mancanza di regole. I consumatori scelgano il prodotto cercando i marchi piu' noti, tracciabili, con tutte le informazioni sull'azienda, piuttosto che magari rivolgersi a siti internet dietro cui non si sa chi si celi, per risparmiare qualche euro”.